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martedì 15 dicembre 2015

LA MIA CANZONE PREFERITA



Tra Bob Dilan e Mina, io pietra rotolante negli anni dell’adolescenza.
Certo, Bob Dilan ha rappresentato una generazione che cambiava, come i Beatles o i Rolling Stone, che appunto hanno ispirato queste fantastiche parole.
Il mio mondo cominciava appena ad aprirsi alle mutazioni generazionali e a quelle della della musica, ero ancora troppo giovane per comprendere a fondo i loro messaggi.
Tuttavia, istintivamente, optavo per testi un po’ più profondi, che significassero qualcosa di speciale per l’anima, che fossero una condivisione di se, del proprio stato d’animo, ecco perché intreccio la mia storia, con quella tanto egregiamente narrata, per esprimere le miriadi di sfumature che la musica ci può regalare, tanto generosamente.
Anch’io ero una pietra che rotola, ma non lo sapevo riconoscere, non mi ponevo ancora quelle domande a cui non trovi mai risposta appagante.
Mi trovavo al mare con mia mamma e mio fratello… evento straordinario, visto le rare volte che potevamo stare insieme.
Dodicenne io e quindicenne lui, ci aveva raggiunte ad Alassio, dove soggiornavo con mamma, per fermarsi qualche giorno con noi.
Sì, perché essendo i miei genitori separati, lui era rimasto a vivere con la nonna paterna, per necessità o per scelte che non ho mai compreso a fondo.
Quella mattina, in quella stanza d’albergo, accadde un episodio davvero raro, anzi unico; ci sdraiammo entrambi nel letto, accanto a mamma. Scherzosi, cominciammo a deriderla, scimmiottando la sua inflessione di donna dalle origini russe.
Io, abituata insieme a lei, ad ascoltare musica di tutti i generi, classica e lirica, avevo iniziato a provare una particolare simpatia per alcuni brani di musica leggera.
Ne sentivo quotidianamente la necessità, colmava la mia solitudine, mi faceva stare bene.
«Che ne sai tu di musica!» mi canzonava Francesco.
«Certo che ne so, canto anche…» risposi infastidita.
Da tempo avevo preso l’abitudine di memorizzare le canzoni e cantarle mi piaceva un sacco. A scuola chiedevano spesso che mi esibissi, ero intonata e ricordavo tutte le parole dei testi.
«Sentiamo allora, canta qualcosa di attuale..» mi spronò lui, piuttosto scettico.
Io ero già diventata rosso purpureo prima di iniziare: mio fratello mi metteva una soggezione pazzesca.
«Su, fai sentire come canti bene, non fare la sciocca. » m’incitò mamma.
Pensai velocemente a una canzone che fosse attuale, visto che Francesco credeva cantassi solo quelle dell’oratorio.
Avevo iniziato ad apprezzare le canzoni di  Mina, mia preferita da allora.
“Il cielo in una stanza” uscita da pochi mesi, stava riscuotendo grandissimi successi e ne conoscevo il testo alla perfezione.
Tuttavia non avevo mai provato a cantarla da sola, avevo un gran batticuore e non riuscivo a emettere un suono.
«Vedi che non sai niente? Non sai cantare..!» mi prese in giro ancora Francesco.
Feci scorta di coraggio e di fiato e intonai… “quando sei qui con me… questa stanza non ha più pareti ma, alberi….alberi infiniti, quando tu…sei vicino a me, questo soffitto viola no, non esiste più, io vedo il cielo sopra noi…che restiamo qui…”
«Però, la mia sorellona canta davvero: brava, non ci credevo.» un lusinghiero apprezzamento che lenì le mie ansie da debutto.
Da allora mi è rimasta dentro, come un marchio di famiglia, un ricordo bellissimo e indelebile, che a volte, ricordandolo, mi consente di respirare un attimo di assoluta felicità.


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