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giovedì 14 luglio 2016

UNIONE AZZURRA




Non so spiegarmi la ragione, a leggere il titolo mi appare l’immagine di quelle figure nate dal ripiegamento di un foglio carta, che una volta ritagliata dispiegandola si trasforma in un insieme di persone unite tra loro.
Sembra si tengano per mano e inizia un girotondo, una danza della fantasia che, in questo caso, si tinge di azzurro.

In tempi in cui le emozioni pulite e sincere sono rare, a causa della nostra quotidiana sete di gesti eclatanti, violenti e il susseguirsi di notizie deprimenti, ho provato un entusiasmo emotivo davvero travolgente, sicuramente condiviso con migliaia di altre persone, mi sono sentita in un grande Paese.
Undici uomini in divisa e molto concentrati si esibiscono cantando l’Inno nazionale: il nostro.
Fratelli, è già sinonimo di unione, ma è la loro espressione a colpirmi, manifestano una determinazione davvero impressionante, pare debbano affrontare una battaglia e, in fondo così sarà.
Mi siedo ad ascoltare e li osservo, stanno tirando fuori tutta la potenza della loro voce, ci credono.
Mi assale una commozione inaspettata, gli occhi si colmano di lacrime, scendo in campo con loro.
Sugli spalti il tifo è un’esplosione di colore, l’azzurro. Insieme a volti e parrucche con il tricolore italiano è un boato di energia positiva, anche loro scendono in campo e, nel corso della partita, siamo davvero un popolo unito da un unico ideale: la nostra bandiera.
La disputa avviene con una squadra avversaria, ma quasi non la considero, vedo solo i nostri paladini pronti a lottare sino all’ultima goccia di sudore.
L’atmosfera é unica e, attraverso lo schermo, percepisco i battiti dei giocatori, li accompagno.
Non che il calcio sia uno sport che seguo, salvo le partite più importanti di campionato: in famiglia siamo tutti Juventini: Torino è una valida motivazione, poi mio fratello giocava negli Juniores…
Il calcio d’inizio dà il via alla gara e gli Azzurri partono all’attacco, sono veloci, precisi hanno animo e dimostrano compattezza di squadra.
Guidati da un allenatore che “vive” materialmente e moralmente ogni nano secondo della partita, condividendo ogni stato d’animo dei suoi ragazzi; sono coesi, assemblati come in un puzzle e la sensazione che ne scaturisce cattura totalmente l’anima.
Piove, l’acqua scroscia in maniera impressionante, ma loro sembrano diventati idrorepellenti, ovvero il clima non influisce sulla loro volontà.
Il tecnico inquadra diverse figure, alcune stravaganti, altre più composte, gli sguardi incollati dentro l’area del campo dove la difesa la fa da padrone: non ci sono varchi e, il nostro portiere, pare un guerriero alla carica. Da buon capitano incita, sprona e difende la sua ciurma.
La ripresa del cineoperatore si sposta sulla moglie dell’allenatore e, a quel punto comprendo cosa rende la partita tanto differente dalle altre: l’appassionata partecipazione. 
Lei, splendida signora, in maglia rigorosamente azzurra e rispettiva bandiera disegnata sul volto, come il gran numero dei tifosi, esulta come una ragazzina, ricoprendo di sguardi amorevoli il marito; appoggia con gli occhi ogni sua decisione e reazione. Insieme a lei la bambina abbraccia qualcuno e condivide apertamente quei momenti straordinari.
Ho pensato che fosse lo spettacolo più bello che mai avrei potuto vedere, capace di trasmettere, in pochi istanti di ripresa, esempi ormai dimenticati.
Il culmine emotivo è giunto intenso, quando abbiamo violato la porta dell’avversario con uno splendido goal. Al di là dello sport, e degli interessi calcistici, un raro esempio di unione di coppia,
manifestato dal  nostro “coach” che, esultando, è balzato sulla tettoia della panchina, per avvicinarsi fisicamente il più possibile alla famiglia: un gesto d’amore unico e di grande umanità.
In quel preciso istante ho percepito il senso di unione e l’importanza, a prescindere dalle personali teorie, di sentirsi parte di un gruppo, sentimento indispensabile per un Paese bisognoso di ritrovare la stessa simbiosi di quegli istanti, per ricostruire un futuro riscattando l’immagine di un tempo a questa Italia ormai dimenticata.




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