C’è
un suono , un dono naturale unico e sublime: il canto del mare.
Un
insieme di melodie, tracce sonore dotate di sfumature che nessun autore potrà mai imitare con la
stessa magistrale bravura.
Sarà
per non perdere questo dono quando ne siamo lontani, che ritroviamo l’eco della sua voce
appoggiando all’orecchio una conchiglia?
Adoro
ascoltare nel silenzio quello sciabordio che accarezza la riva, l’abbraccia e
la bacia, un incontro sensuale e dolce.
Nel
muto vivere circostante gioca e sorge alle tue orecchie, un sussurro capace di
scaldarti il cuore, di ispirare le parole che desideri scrivere, di farti
sentire magica.
Mi
siedo di fronte quell’immensa distesa marina, ne seguo il movimento delle onde
sino all’orizzonte e ascolto il racconto del mare, immersa nelle sue parole
d’amore.
Una
sensazione paradisiaca che culla il mio animo, lo nutre e lo appassiona.
In
quel momento non mi occorre altro, mi lascio conquistare come il fosse il più
tenero degli amanti e, mentre la brezza mi accarezza, sento il vapore salmastro
posarsi sulla mia pelle e provo un brivido simile a un amplesso.
Il
canto delle onde accompagna il mio viaggio oltre quella linea che sa
d’infinito, sino a dove mi porta l’immaginazione: lontano.
Volo
verso cieli aperti, il pensiero è libero, senza catene e fedele la musica sale
con me ovunque, non mi abbandona.
Raccolgo
emozioni e le traduco in parole, la colonna sonora è perfetta.
Ritorno
alla realtà con le palpitazioni e quel suono è ancora più sublime e mi sussurra:
«Ripetilo
amica mia, descrivi le sensazioni provate.» e il cuore mio si placa appagato.
Stamani
si è alzato il maestrale e fischia turbolento, scuotendo gli umori di entrambi.
Scendo,
l’aria è fresca e pungente, sento sulla pelle miriadi di punzecchiature, sono
assalita da una tempesta di spilli. Mi avvolgo nell’accappatoio e affronto la
spiaggia deserta.
Ora
è inquieto il mare e la sinfonia diventa stridente, forte e penetra i sensi
insieme al vento, insolente e fastidioso.
Il
ritmo è incalzante e il suo canto diventa cupo, tormentato, appare simile a un
cattivo presagio, ma mi affascina il panico subdolo che ne scaturisce.
Inquieto
racconta la sua vita il mare, increspando le onde bianche e spumeggiati, che
si ingrandiscono, si alzano irruente,
disordinate.
Narra
dei suoi spaventosi segreti, riporta alla superficie e ne sono turbata, le voci
di chi dentro a quei fondali si è arreso impotente, perdendo la vita, magari
cercando un mondo migliore.
Improvvisamente
mi aggredisce un concerto di voci, miscelato al lamento marino e mi oscura la
mente: scuote i miei sensi di colpa.
Una
lunga sequenza di note agitate, come grida
posate sulle corde di un violino, che perforano la coscienza. Porto le mani
alle orecchie: non posso sopportare questa verità.
Torturano
il mio ego i lamenti infantili, le grida ingenue e innocenti che nonostante
tutto non tacciono.
Piango
calde lacrime al pensiero di quanto dolore l’uomo sia riuscito a procurare da che è stato creato, consapevole
di essere incapace a cambiare gli eventi, non io sola.
Il
mare ora tace. Attratta dal buio suo manto riflesso della volta celeste, non
odo che il suono del nulla. Quasi il mondo si fosse fermato, per onorare
l’orrore celato.
Respiro
quel vuoto silenzio, asciugo l’ultima lacrima e mi appisolo, raggomitolata:
posizione fetale, vana ricerca nell’inconscio, di un conforto materno.
Il
mio viaggio onirico prende il sopravvento, e navigo attraverso mondi strani,
sconosciuti, intrisi di luci e colori, seguita da sinfonie sconosciute eco dei
suoni marini.
Il
freddo mi sveglia e già intravedo l’alba, con i suoi meravigliosi colori.
Si
è placato il vento del nord e la battigia ha raccolto i frammenti del mare:
alghe e conchiglie frantumate. Si riaccende di rosa il panorama e ritorna placido
il canto dell’acqua, torna mite ad accarezzare la sponda, sussurrandole dolci
armonie.
Ritrovo
la pace interiore e cancello lo sgomento trascorso, mentre un’onda cristallina
saluta il mio addio, inondandomi i piedi.
Rifletto
sull’esperienza vissuta, ha un senso il suo suono, è un messaggio preciso
nell’immaginario, ma vero.
Mi
volto a guardare e la calma ritorna, ma la canzone del mare resta impressa
dentro me, dolce e amara, sincera; unica messaggera testimone del tempo fuggito.
Tristemente
mi avvio, devo fare ritorno; la routine mi attende e a malincuore saluto il suo
canto, con una promessa: tornerò ad ascoltare le sue verità e saranno migliori
di ora.
Mi
risponde il suo ritmo placato, con tutte le note di cui dispone.
«Tornerai,
il sentimento che provi è sincero. Ti aspetterò!» e lo adoro mentre il suo
timbro suadente rapisce la mia ragione.
So
cosa incombe fare: riportare al mondo l’infelice verità che mi ha confidato
l’onda.
Quale
dono sublime è udire e comprendere il suono del mare!
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