In
una delle più belle città del mondo, bagnata da un mare meraviglioso e un sole
capace di trasmettere tanta allegria, viveva Antony, un bambino bello e
intelligente.
La
mamma gli preparava la colazione con amore: “via col vento” appena sfornati o
una fetta di torta, un bicchiere di latte ed eccolo pronto ad affrontare una
lunga giornata.
Il
suo quartiere, era un insieme di vicoli stretti da percorrere prima di arrivare
alla scuola e gli piaceva quando mamma lo accompagnava tenendolo per mano: si
sentiva più sicuro.
Un
lungo filo collegava una casa all’altra, appesi sopra ad asciugare, indumenti
dai vivaci colori sventolavano quasi fossero bandiere.
Come
tutti i bambini del mondo, Antony amava giocare a pallone.
Infatti,
appena tornato a casa, indossava la maglia della squadra del cuore e chiamava
gli amici per fare una partita.
Fatto
sta, che il suo pallone, aveva deciso di fargli i dispetti.
Sembra
una pazzia, ma la questione era diventata un serio grattacapo.
Alcuni
giorni prima il suo papà, in occasione del compleanno, glielo aveva regalato.
Un
evento straordinario, perché il padre era sovente lontano per motivi di lavoro.
Il
problema con il suo pallone, lo preoccupava davvero molto.
Una
sera, lo aveva messo nello sgabuzzino, ma la mattina successiva, dopo lunghe
ricerche, lo aveva ritrovato in bagno, dentro la cesta dei panni da lavare.
Subito
aveva creduto di essersi sbagliato, ma ripensandoci era certo di averlo
ritirato nel posto giusto: ma allora com’era finito lì dentro?
«Mamma,
hai messo tu il mio pallone nella cesta del bagno?» domandò curioso.
«Tesoro,
cosa dici: perché avrei dovuto? Ti sarai confuso.» rispose.
Antony
diventò pensieroso, quindi la sera stessa decise di nasconderlo sotto il suo
letto, per vedere cosa sarebbe successo.
Mamma
Lucia, la mattina successiva andò a svegliarlo un po’ contrariata.
«Che
problemi ti da il pallone, me lo spieghi? Non mi sembra il posto ideale l’armadio
della mia camera.» gli disse.
«Cosa?
Mamma, ti giuro, ieri sera era sotto il mio letto! Stanno accadendo fatti
strani in questa casa.» disse alzandosi agitato.
«Secondo
me sei distratto e fai confusione, magari hai sognato. Stasera ci penso io,
così scopriremo la verità.» gli promise, per tranquillizzarlo.
Così
quel mattino, dopo la solita generosa colazione, si recò a scuola con l’animo
più sereno.
Luigi,
Angelo, Ninetto, Luca e Genny, una bambina, furono convocati da Antony.
«Oggi
giocheremo nel giardinetto vicino a casa mia: siete d’accordo?»
«Vi
farò vedere il mio pallone nuovo: sono sicuro che ci divertiremo.» disse loro, evitando
di raccontare quelle stranezze.
La
stessa mattina era prevista una prova scritta di italiano, il maestro copiò
alla lavagna l’argomento dell’esercizio:
“La cosa più strana che mi è capitata”.
Antony
divenne inquieto: sembrava davvero una presa in giro. “Questo pallone deve avere poteri misteriosi” pensò dentro di sé.
Finalmente,
insieme ai suoi amici rientrò a casa euforico, non vedeva l’ora di giocare.
Lucia,
non si era più interessata del pallone, lo aveva riposto dentro una scatola in
sgabuzzino, poi non se ne era più curata.
Le
tornò alla mente appena si vide invadere la cucina da quella banda di
ragazzini, prima però, distribuì loro delle belle fette di torta appena
sfornata.
La
cosa la impensierì quando, andata a recuperare il pallone, trovò la scatola
vuota.
Mentre
i bambini si cambiavano, Lucia si chiese quale mistero celasse quell’oggetto.
«Ragazzi,
vi propongo una caccia al tesoro: dovete cercare il pallone nuovo di Antony. Quando
lo troverete, potrete iniziare la vostra partita.» s’inventò.
Suo
figlio la guardò incredulo: aveva capito cosa era di nuovo successo.
I
bambini rovistarono ovunque, senza tralasciare nulla, purtroppo senza
risultati.
«Antony,
io sono stanca, non hai un altro pallone?» disse improvvisamente Genny.
«Aspetta,
perché vuoi andartene? Cerchiamo ancora insieme, ti prego.» la supplicò.
Lucia
tornò in soffitta per recuperare il vecchio pallone del figlio e, con stupore, trovò
quello nuovo, nascosto nel baule dei giochi da mandare ai poverelli.
«Mi
vuoi dire perché ci fai questi dispetti? Nascondi un segreto dentro di te?»
La
donna, impressionata dalla vicenda, sfogò i suoi dubbi parlando a quella palla
nuova, sentendosi piuttosto sciocca.
Prese
l’oggetto di tanta trepidazione e scese dai ragazzi che, ormai delusi, avevano inunciato alle ricerche.
«Ho
vinto io: l’ho trovato e posso giocare insieme a voi, se siete d’accordo.»
esordì gioiosa.
Raggiunti
i giardinetti adiacenti, i bambini formarono le due squadre. Lucia si mise alla
porta avversaria, per non fare preferenze.
Palla
al centro, pronti… via!
Antony
sferrò il primo calcio diretto al pallone che, sotto gli occhi di tutti, scansò
il colpo all’ultimo istante, restando lì immobile: che succede?
«Antony,
stai attento, mira meglio questa volta!» gli gridò Luca.
La
palla bella lucida, fu riposizionata al centro del campo, li stava facendo impazzire.
Il ragazzo prese bene la mira e fece partire un gran calcio, seguito dall’occhio attento dei compagni.
Ancor
prima che il piede sfiorasse la sfera, questa si spostò di almeno un paio di
metri, facendo perdere l’equilibrio al bambino, che scivolò a terra molto
imbarazzato.
Subito
dopo, si riposizionò al centro del campo, cominciando a palleggiare da sola.
l
pallone poi, prese a ruotare su se stesso e, sempre saltellando, cominciò a
rotolare lungo i vicoli tanto rapidamente, che rimbalzando e roteando suonava
musiche allegre accompagnate dal ritmo e dal tintinnio dei tamburelli.
Tutto
l’isolato, si affacciò per capire l’origine di quei suoni e, un po’ alla volta,
le persone cominciarono a scendere in strada, cantando allegramente,
aggiungendosi al gruppo dei bambini, che
inseguiva il pallone.
«Signora
Lucia, ma cos’è questo suono?» chiedeva donna Rosa.
«E’
la festa di qualcuno, di qualche personaggio famoso?» chiese ancora Giovanna.
In
verità Lucia non sapeva cosa rispondere, era sbalordita da quanto stava
accadendo.
Proseguendo
verso il mare, il pallone birichino si portò appreso il panettiere, una
cassiera, il calzolaio e persino il vecchio farmacista.
Rotolando,
rotolando proseguì trascinandosi dietro una folla immensa.
Bambini,
donne, uomini, mariuoli e non, gente di ogni razza e colore, chiunque si
vedesse passare di fronte quella palla impazzita.
Il
parroco della chiesa vicino, richiamò i suoi assistenti e seguì quel corteo,
mentre la musica diventava sempre più travolgente.
Il
vigile, all’incrocio della strada principale, per poco non ruzzolò insieme al
pallone: colto di sorpresa, soffiò più volte dentro al fischietto, convinto di
riuscire a fermare quella fiumana di persone.
Alla
fine si aggregò al corteo, cantando anche lui insieme a tutta l’altra gente.
Insomma
quella sfilata gioiosa si fermò soltanto quando giunse al mare.
Uno
spazio sabbioso e l’incresparsi delle onde, che al tramonto riflettevano colori
da sogno: a volte ci sfugge la bellezza della natura.
Antony
non credeva ai suoi occhi: possibile una magia simile?
«Grazie
a tutti di avermi seguito allegramente, senza fare troppe domande.» disse una
voce che proveniva dal pallone.
La
folla ammutolì impressionata.
«So
che faticate a comprendere; non mi piace essere la gioia di un solo bambino.»
proseguì.
«Il
papà di Antony desiderava festeggiare il suo compleanno alla grande, lo so bene.»
«Ho
deciso di farlo io, visto che lui è tanto lontano, per dirgli quanto gli vuole
bene. Questa festa la ricorderà per sempre, ora sa che la felicità va condivisa
con gli altri.»
Scoppiò
un applauso fragoroso, la gente si abbracciava e si complimentava con il
bambino, commosso sino alle lacrime.
«Grazie,
grazie a tutti è stato bellissimo!» disse con grande emozione.
Poi
si chinò a raccogliere il pallone che questa volta non gli sfuggì più.
«Mamma,
sei la più bella del mondo quando sorridi.» disse abbracciandola stretto.
Ripresero
insieme la strada di casa, dopo aver ancora ammirato il mare e lo stupendo
tramonto rosseggiante pensarono: che giornata
memorabile!
“Grazie papà, ti voglio
bene anch’io” pensò, stringendo a sé il suo pallone
magico.
Fiaba scritta per Antony, ispirata al disegno fatto da lui per la Festa della Mamma.
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