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domenica 12 aprile 2015

CANTANDO E SOGNANDO

 

 
 
 
Penso che un sogno così non ritorni mai più, mi dipingevo le mani e la faccia di blu…
Stavo canticchiando la canzone più famosa del mondo, intenta a sfaccendare, volevo finire presto per dedicarmi al mio hobby preferito.
Cercavo l’ispirazione per mettere giù qualcosa di diverso, desideravo partecipare a un concorso per scrittori esordienti. Cerca e cerca… ma nella mente non trovavo che la nebbia più fitta.
“Chissà da cosa sarà stato ispirato Domenico Modugno, l’autore di questa canzone?” Pensavo dentro di me, quando a un tratto mi fece sobbalzare un rumore assordate: cosa diavolo era successo?
Una folata di vento potentissima, si era catapultata dentro casa, facendo sbattere porte e finestre contemporaneamente. Mentre cercavo di evitare il frantumarsi di qualche vetro, chiudendo un battente, vidi svolazzare fuori un insieme di appunti, posati sulla mia scrivania: < Ma por.. miseriaccia!> mi buttai sui pochi fogli rimasti, mentre gli altri si libravano come foglie al vento, trasportati da insoliti mulinelli d’aria. Parevano non voler cedere alla forza di gravità, quindi salivano, anziché scendere.
Dall’ultimo degli otto piani di un palazzo, succede che gli spostamenti d’aria causino effetti strani; intanto la folata girovagava all’interno dell’appartamento come stesse cercando qualcosa. In preda all’agitazione, cercavo di evitare danni, rincorrendo tutto quanto fosse frantumabile. Bloccai le porte interne, ma non ero riuscita ad avvicinarmi alla finestra dello studio, quella da dove i miei appunti svolazzavano liberi verso l’infinito. Li osservavo, erano lì, visibili e sempre più piccoli. A volte parevano lampadine accese, effetto del riverbero dei raggi di sole. “E volavo, volavo felice, più in alto del sole e ancora più su, mentre il mondo pian piano spariva lontano laggiù, una musica dolce suonava soltanto per me…” Dalla radio continuava a suonare la canzone e mi sembrò una situazione grottesca. Ero sola e non riuscivo a gestire questa cosa secondo la mia volontà.
D’improvviso realizzai che la mia avventura sembrava essere quella di chi aveva scritto il testo della canzone: gli elementi c‘erano quasi tutti. Il vento, il sole i fogli che si innalzavano come tanti minuscoli aquiloni. Addirittura la musica, sembrava la colonna sonora delle azioni che svolgevo… che strana combinazione! “Volare, ohhh, cantare, oh, oh, ohhh…”
“Patapam! Ossignore, cos’era successo ancora? Nooo, non ci posso credere!...”
La folata di vento aveva riaperto un battente della finestra, spaccando a metà il toner lasciato sul davanzale, pronto a sostituire  quello esaurito della stampante, già libero dal suo involucro. Mi precipitai per evitare il peggio… schizzi sulle tende e sui vetri. La situazione imbarazzante stava prendendo forma nella quasi metà della cartuccia, che stava precipitando al di sotto.  Seguivo il suo viaggio verso il basso, osservando eventuali bersagli, che vedevo piccoli piccoli in fondo alla strada. Pregavo non cadesse addosso a qualche malcapitato. Cosa avrei potuto dirgli: <É colpa del Mimmo Nazionale? Che il Signore lo abbia in Gloria!> Passai la mano sulla fronte per allontanare i capelli dagli occhi: umido. Mi osservai le mani: da non crederci… blu, tutt’intorno era blu. Gli schizzi sulle tende, il davanzale della finestra. Piccoli puntini avevano tempestato la parte più bassa dei vetri e, più cercavo di risolvere la situazione, più il blu acquistava spazio. Stava padroneggiando dentro casa e già immaginavo la scena, qualora un passante fosse stato colpito da quella specie di subdolo proiettile indaco, capace di scatenare una battaglia condominiale.
Il parquet pareva aver riscontrato i morbillo,  ma con tonalità bluastre, le punte e le suole delle scarpe erano intrise, sono stata costretta ad abbandonarle sul posto, per non inondare il resto della casa di impronte color oltremare.
Che dire? In un quarto d’ora, una canzone e una folata di vento, mi avevano letteralmente stravolto la giornata.
La radio cominciò a replicare “Meraviglioso” probabilmente stavano commemorando la morte del cantante. Magnifica la canzone, tuttavia commentai: <Sì, davvero meraviglioso, dopo quello che mi è successo. Che disastro!> Fortunatamente nessuno aveva avuto l’ardire di suonare il citofono: non giunsero lamentele. Fino a quel momento perlomeno. Spossata da un momento di ordinaria follia, sprofondai nella poltrona dello studio. Così com’ero conciata, non avevo la forza di muovere un dito. Un trillo e sobbalzai dalla poltrona. Dovevo essermi appisolata, sentii le chiavi girare nella toppa, e mio marito chiamare i mio nome: <Luisa, dove sei?> Poi si affacciò nella stanza: <Stavi dormendo eh? Ti ho colta in flagrante!> Sorrideva. Lo osservavo basita: possibile che non si rendesse conto del caos che c’era dentro lo studio? <Sembri strana, sei ancora addormentata?> mi chiese: <No, è che non sai cos’è capitato…> mi guardavo intorno, e non vedevo niente di anormale.
Le finestre erano chiuse, la radio stava ancora suonando “Meraviglioso”. Ispezionai le mani: pulite. Mi diressi alla finestra, guardando “il mondo lontano laggiù”. Non era cambiato niente.
Lo specchio del bagno, mi mostrò una matura signora, con gli occhi un po’ stralunati di chi si è appena svegliato. Scoppiai in una sonora risata: <Ho sognato di cantare Volare… ed è successo un casino!> buttai le braccia al collo del mio beneamato cantando: “Volare, oh, oh…” Riuscì solamente a commentare: <Tu sei tutta strana… chi ti capisce è bravo!> Come dargli torto?

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