Penso che un sogno così non ritorni mai più, mi dipingevo le mani e la
faccia di blu…
Stavo canticchiando la canzone più
famosa del mondo, intenta a sfaccendare, volevo finire presto per dedicarmi al
mio hobby preferito.
Cercavo l’ispirazione per mettere giù
qualcosa di diverso, desideravo partecipare a un concorso per scrittori
esordienti. Cerca e cerca… ma nella mente non trovavo che la nebbia più fitta.
“Chissà da cosa sarà stato ispirato Domenico
Modugno, l’autore di questa canzone?” Pensavo dentro di me, quando a un
tratto mi fece sobbalzare un rumore assordate: cosa diavolo era successo?
Una folata di vento potentissima, si
era catapultata dentro casa, facendo sbattere porte e finestre
contemporaneamente. Mentre cercavo di evitare il frantumarsi di qualche vetro,
chiudendo un battente, vidi svolazzare fuori un insieme di appunti, posati
sulla mia scrivania: < Ma por.. miseriaccia!> mi buttai sui pochi fogli
rimasti, mentre gli altri si libravano come foglie al vento, trasportati da
insoliti mulinelli d’aria. Parevano non voler cedere alla forza di gravità,
quindi salivano, anziché scendere.
Dall’ultimo degli otto piani di un
palazzo, succede che gli spostamenti d’aria causino effetti strani; intanto la
folata girovagava all’interno dell’appartamento come stesse cercando qualcosa.
In preda all’agitazione, cercavo di evitare danni, rincorrendo tutto quanto
fosse frantumabile. Bloccai le porte interne, ma non ero riuscita ad
avvicinarmi alla finestra dello studio, quella da dove i miei appunti
svolazzavano liberi verso l’infinito. Li osservavo, erano lì, visibili e sempre
più piccoli. A volte parevano lampadine accese, effetto del riverbero dei raggi
di sole. “E volavo, volavo felice, più in
alto del sole e ancora più su, mentre il mondo pian piano spariva lontano
laggiù, una musica dolce suonava soltanto per me…” Dalla radio continuava a
suonare la canzone e mi sembrò una situazione grottesca. Ero sola e non
riuscivo a gestire questa cosa secondo la mia volontà.
D’improvviso realizzai che la mia avventura
sembrava essere quella di chi aveva scritto il testo della canzone: gli
elementi c‘erano quasi tutti. Il vento, il sole i fogli che si innalzavano come
tanti minuscoli aquiloni. Addirittura la musica, sembrava la colonna sonora
delle azioni che svolgevo… che strana combinazione! “Volare, ohhh, cantare, oh, oh, ohhh…”
“Patapam! Ossignore, cos’era successo ancora? Nooo, non ci posso
credere!...”
La folata di vento aveva riaperto un
battente della finestra, spaccando a metà il toner lasciato sul davanzale,
pronto a sostituire quello esaurito
della stampante, già libero dal suo involucro. Mi precipitai per evitare il
peggio… schizzi sulle tende e sui vetri. La situazione imbarazzante stava
prendendo forma nella quasi metà della cartuccia, che stava precipitando al di
sotto. Seguivo il suo viaggio verso il
basso, osservando eventuali bersagli, che vedevo piccoli piccoli in fondo alla
strada. Pregavo non cadesse addosso a qualche malcapitato. Cosa avrei potuto
dirgli: <É colpa del Mimmo Nazionale? Che il Signore lo abbia in Gloria!>
Passai la mano sulla fronte per allontanare i capelli dagli occhi: umido. Mi
osservai le mani: da non crederci… blu, tutt’intorno era blu. Gli schizzi sulle
tende, il davanzale della finestra. Piccoli puntini avevano tempestato la parte
più bassa dei vetri e, più cercavo di risolvere la situazione, più il blu acquistava spazio. Stava
padroneggiando dentro casa e già immaginavo la scena, qualora un passante fosse
stato colpito da quella specie di subdolo proiettile indaco, capace di
scatenare una battaglia condominiale.
Il parquet pareva aver riscontrato i
morbillo, ma con tonalità bluastre, le
punte e le suole delle scarpe erano intrise, sono stata costretta ad
abbandonarle sul posto, per non inondare il resto della casa di impronte color
oltremare.
Che dire? In un quarto d’ora, una
canzone e una folata di vento, mi avevano letteralmente stravolto la giornata.
La radio cominciò a replicare
“Meraviglioso” probabilmente stavano commemorando la morte del cantante. Magnifica
la canzone, tuttavia commentai: <Sì, davvero meraviglioso, dopo quello che
mi è successo. Che disastro!> Fortunatamente nessuno aveva avuto
l’ardire di suonare il citofono: non giunsero lamentele. Fino a quel momento
perlomeno. Spossata da un momento di ordinaria
follia, sprofondai nella poltrona dello studio. Così com’ero conciata, non
avevo la forza di muovere un dito. Un trillo e sobbalzai dalla poltrona.
Dovevo essermi appisolata, sentii le chiavi girare nella toppa, e mio marito
chiamare i mio nome: <Luisa, dove sei?> Poi si affacciò nella stanza:
<Stavi dormendo eh? Ti ho colta in flagrante!> Sorrideva. Lo osservavo
basita: possibile che non si rendesse conto del caos che c’era dentro lo
studio? <Sembri strana, sei ancora
addormentata?> mi chiese: <No, è che non sai cos’è capitato…> mi
guardavo intorno, e non vedevo niente di anormale.
Le finestre erano chiuse, la
radio stava ancora suonando “Meraviglioso”. Ispezionai le mani: pulite. Mi diressi alla finestra, guardando “il
mondo lontano laggiù”. Non era cambiato niente.
Lo specchio del bagno, mi mostrò una
matura signora, con gli occhi un po’ stralunati di chi si è appena svegliato. Scoppiai
in una sonora risata: <Ho sognato di cantare Volare… ed è successo un
casino!> buttai le braccia al collo del mio beneamato cantando: “Volare, oh, oh…” Riuscì solamente a
commentare: <Tu sei tutta strana… chi ti capisce è bravo!> Come dargli
torto?
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